150° Anniversario Battaglia di Palestro


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Stocafisso alla garibaldina

Testo tratto dal volume Garibaldi a tavola di Clelia Gonella
Ingredienti:
due chili di stoccafisso ammollato - una grossa cipolla - mezzo chilo di pomodori maturi· 50 gr. di acciughe salate, disliscate e ben lavate· abbondante prezzemolo e aglio tritati - olive in salamoia - olio - sale - pepe.
Preparazione:
Per questo piatto, molto importante è la preparazione dello stoccafisso. Non andrebbe mai comprato già ammollato come si usa fare ora per risparmiare tempo e lavoro. Lo stoccafisso secco va innanzi tutto battuto a lungo con un grosso bastone di legno. Evitare assolutamente il martello che sbriciolerebbe le fibre del pesce. Dopo averlo battuto si mette a bagno cambiando l'acqua spesso per circa due giorni. Dopo va pulito, liberato della pelle e la polpa dalle lische. Sbriciolato e ben pulito si procede alla cottura. Si prepara un battuto di cipolla e si mette sul fuoco con abbondante olio. Quando la cipolla ha preso colore si mette lo stoccafisso e il pomodoro, possibilmente fresco, tritato grossolanamente e si lascia cuocere a fuoco lento. A metà cottura aggiungere le pancette tagliate a pezzetti, un tritato di prezzemolo, aglio e acciughe. Continuare la cottura, deve cuocere in tutto circa tre ore. Mezz'ora prima di portarlo a tavola aggiungere le olive in salamoia.

La Torta di Mazzini

Un dolce alle mandorle. Da provare, perché era il prediletto dal grande genovese padre degli ideali e dei movimenti repubblicani del Risorgimento che nel 1835, dall'esilio svizzero, lontano per un breve momento dal pensiero e dall'ispirazione dei moti rivoluzionari, ne inviò la ricetta, con un'affettuosa lettera, alla madre Maria Drago:
" ... Eccovi la ricetta di quel dolce che vorrei faceste e provaste, perché a me piace assai .. ." si legge nel brano citato dal volume 'Provincia Risorgimentale' che pubblica anche il passo relativo agli ingredienti. Mazzini lo scrive traducendo "alla meglio, perché di cose di cucina non m'intendo, ciò che mi dice una delle ragazze in cattivo francese. Pestate tre once di mandorle, altrettante di zucchero. Sbattete il succo d'un limone e due tarli d'uovo, montate a neve gli albumi e mescolate il tutto. Unta di burro una tortiera, mettete sul fondo pasta sfoglia. sulla quale verserete il miscuglio suddetto. Zuccherare e mettere in forno".


Risotto Garibaldino

Dopo aver lavato delle cozze e delle vongole, disponetele in una padella a bordi alti e fatele aprire a recipiente coperto. Lavate dei gamberi, sgusciateli e fate bollire i gusci in mezzo litro d'acqua per mezzora. Unite in una ciotola delle seppioline, le cozze, le vongole. e la polpa di gamberi. Fate soffriggere in olio abbondante dell'aglio, del prezzemolo, del peperoncino e del basilico finemente tritati e unite del riso che farete tostare per qualche minuto. per poi bagnarlo con del vino bianco fino all'evaporazione. Quindi, aggiungete i frutti di mare, le seppioline e la polpa di gamberi e salate. Nel frattempo, unite l'acqua dei gusci di gamberi e quella di cottura di vongole e cozze, filtrando bene il tutto. Ponete questo brodo sul fuoco e usate lo al posto del solito brodo vegetale per terminare la cottura del risotto.

Risotto alla Cavour

Camillo Benso di Cavour prima di dimorare al Castello di Grinzane, fra il 1832 e il 1849, non sapeva "distinguere un cavolo da una rapa". In pochi anni si appassionò all'agricoltura e alla cucina, tanto da scrivere, con orgoglio, in una lettera ad un amico: "Dovete sapere che sono diventato agricoltore ... ".
Nei suoi possedimenti cercò sia di migliorare la coltura della barbabietola da zucchero, che di produrre un eccellente Barolo vinificato con i consigli del famoso enologo francese Odart.

In quel periodo Cavour amava desinare con un piatto composto da riso condito di burro e parmigiano, arricchito con pezzetti di pomodoro saltati in padella e uova frittellate. Per sposare tutti questi ingredienti la pietanza era passata in forno per alcuni minuti e servita irrorata con sugo di arrosto ristretto. Cavour riteneva che il gusto del suo riso veniva esaltato se annaffiato da una bottiglia di Barolo.

Il Bicerin

Nella pasticceria moderna si chiamano "al cucchiaio" i dolci morbidi come creme, budini e "da forno" quelli compatti. Fra i primi, una posizione di primo piano vanta, oggi come un tempo, la bavarese. Nome riconfermato nel corso dei secoli, e non assurdo, in quanto la Baviera non è solo terra della birra, ma anche della pasticceria: per convincersene basta osservare le vetrine delle caHetterie di Monaco, colme di dolci.
Nel Settecento, alcuni principi di Baviera, i Wittelsbach, frequentavano a Parigi il Café Procope, aperto dal siciliano Procopio de' Coltelli. I nobili tedeschi pretesero però una bevanda a loro cara: a base di tè, con molto latte, zucchero e aromatizzato da sciroppi. La preparazione venne richiesta anche da altri clienti, che la battezzarono "bavarese". Poi, visto il successo che ottenevano le creme in tazza (anzi, in chicchera), si tolse il tè, si unirono uova e leganti e si ebbe la bavarese-crema.

Poco credibile appare una storie Ila sulla sua origine: dei paggi impertinenti, al Thèàtre des Italiens, avrebbero versato una tazza di crema addosso a una dama bavarese. Alla formula della bevanda rimasero fedeli i piemontesi. Nel 1854 Antonio Vialardi, pasticcere e cuoco di Carlo Alberto di Savoia, indica di prepararla con latte, zucchero, aromi, e in speciale versione, con la cioccolata. È la "bavareisa", antenata del "bicerin" del Cambio che accompagna, nonostante il nome del tedesco invasore, i moti risorgimentali.


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150° Anniversario Battaglia di Palestro (1859-2009)

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